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Prima di esternare le mie opinioni sul film in questione, non mi vorrei esimere dal rendere palese la mia profonda ammirazione nei confronti del regista Pupi Avati: un artigiano del cinema, capace di raccontare delle storie con garbo e delicatezza inglobandole in ambienti e luoghi che solo un occhio attento e scrupoloso saprebbe tratteggiare con tanta cura e dedizione. L'ultimo film del regista, delude le aspettative non riuscendo a dare corso a quella scia di prove soddisfacenti a cui ci aveva tanto abituati. Questo leggero tonfo, reo di aver interrotto la catena di buoni risultati fino ad allora ottenuti, è dipeso secondo me dal fatto che poco tempo è intercorso dall'ultimo film girato da "Avati". Quando le idee vengono abbozzate in maniera troppo frettolosa, quando la voglia di apparire nuovamente nei circuiti cinematografici diventa smaniosa e esagitata, allora, è chiaro che il prodotto finale ne risente in maniera evidente. Ci terrei a sottolineare che le mie parole non stanno attestando il fallimento clamoroso di questo film, ma al contrario stanno mettendo in evidenza una mia personale delusione, nei confronti di un regista che, a mio modo di vedere poteva dare molto di più. Quello che manca al film è l'anello di giuntura che dovrebbe accomunare le varie storie personali dei frequentanti il "bar Margherita" , le quali dovrebbero presentarsi come il veicolo adatto per riportarci a quegli anni. Da un punto di vista raffigurativo l'obiettivo è raggiunto ampiamente, da quello narrativo invece, ci si poteva aspettare molto di più... spero a questo punto che il regista "Pupi Avati" non si faccia sopraffare nuovamente dall'impellenza di apparire sulle pagine dei rotocalchi ma ritorni alla ribalta con opere concepite da una lunga e accurata fase di lavoro e di approfondimento.
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