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In una povera Italia del dopoguerra che appena comincia a lasciarsi alle spalle la primitiva cultura contadina, il film apre un crudo spaccato sulle miserie che ancora circondano la famiglia operaia e sottoborghese che, sebbene di stampo ancora patriarcale, già accusa i primi desideri di emancipazione dalla figura del padre-padrone. In una casa in cui la donna è solo una silente cenerentola si consuma il dramma di un macchinista ferroviario avvinazzato e violento il quale, dopo avere investito col treno un suicida sui binari e sfiorato il disastro ferroviario, assistito al tradimento della propria figlia nei confronti del marito ed alla conseguente separazione nonché fallito con l’educazione del figlio maggiore, si isola dalla famiglia e dagli amici, perde il rispetto di se stesso e si comporta da crumiro nel corso di una lotta sindacale chiudendosi quindi in una straziante solitudine interiore dalla quale, ormai già minato da grave malattia, riesce infine ad uscire proprio grazie all’amore ed alla solidarietà di coloro che aveva maggiormente respinto e sottostimato, concludendo la propria disgraziata esistenza in un momento di finale serenità e riacquistata speranza. Un granitico Pietro Germi, vero operaio degli anni cinquanta, che meglio non avrebbe potuto attagliarsi alle caratteristiche fisiche ed umane del personaggio, insieme allo struggente motivo musicale conduttore di Carlo Rustichelli, faranno versare più di qualche lacrima a coloro che, avendo i capelli d’argento, potranno avere visto e forse vissuto le drammatiche contraddizioni del periodo storico in cui il film è ambientato, mentre i giovani, se saranno in grado di capirlo ed apprezzarlo, non potranno che trarne una grande lezione di vita. "Il Ferroviere" era, e rimane comunque, un capolavoro del cinema che merita, forse oggi più che mai, di essere visto. voi cosa ne pensate???? |